sabato 31 gennaio 2009

Intercettatemi!


Chi ha paura delle intercettazioni? Io no di certo. Chi è pulito non teme di essere intercettato. Le intercettazioni sono indispensabili e non solo per i reati di mafia o associazione a delinquere. Credetemi quando vi dico che nemmeno il commissario Montalbano riuscirebbe a lavorare senza questo fondamentale strumento d'indagine. Pensate agli stupri di questi giorni: i colpevoli sono stati acciuffati (anche) grazie alle intercettazioni telefoniche. Presto non succederà più. E allora tranquilli, stupratori e pedofili italiani: tra un poco sarete al sicuro, perché nel nostro "Bel"paese potrete essere intercettati solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza. Per cui: prima dovranno individuarvi e trovare prove sufficienti contro di voi, dopo potranno anche intercettarvi. Geniale! E i responsabili delle forze dell'ordine, che dicono al riguardo? Non mi pare si stiano alzando ondate di proteste...

venerdì 30 gennaio 2009

Nova Rock 2009






A chi ama le sonorità più "toste" segnalo il Nova Rock, in Austria. Lo scorso anno ci fu il sold out. Quest'anno...vedremo. (non fa per me, comunque)

giovedì 29 gennaio 2009

Orrori italioti


Intercettazioni, così Berlusconi
ha già vinto la partita
di GIUSEPPE D'AVANZO - dal sito di Repubblica

E' AVVENTATO sostenere che Berlusconi sia stato costretto a ridimensionare il desiderio di vedere distrutte le intercettazioni come strumento investigativo. Il premier l'ha avuta vinta su tutta la linea, nonostante quel che sostiene un discorso pubblico infarcito di molte menzogne. La vittoria del premier, in realtà, è completa.

E' un successo politico. E' un trionfo legislativo. Erano a confronto due idee di riforma. La visione di Berlusconi è nota. Avverte l'autonomia della magistratura come una minaccia al suo comando che desidera unico e senza controlli. Pretende che sia burocratizzata la funzione giudiziaria e depotenziato ogni strumento di quel potere in toga, dalle intercettazioni alla direzione delle indagini. Opposto l'approccio di Gianfranco Fini. Il presidente della Camera, in una lettera molto apprezzata anche dall'opposizione, invita a risolvere le patologie del sistema giudiziario guardando non al riequilibrio dei poteri, ma all'interesse del cittadino che ha diritto a una giustizia che sia servizio giusto, imparziale, efficiente, ragionevolmente rapido. Questa, per Fini, la "stella polare" che deve guidare la riforma. Vediamo ora quel che è accaduto e accadrà.

Angelino Alfano, il segretario di Berlusconi diventato ministro di Giustizia, va in parlamento per la relazione sullo stato di giustizia. I numeri che propone danno ragione all'invito di Fini: le lentezze, le inefficienze, i ritardi dell'amministrazione della giustizia sono oltre il limite di guardia. Questa radiografia è uguale da troppo tempo. Più che lagne sono necessarie riforme. Riforme dei codici e delle procedure; innovazione nell'organizzazione; maggiori risorse umane e finanziarie. Come è abituato a fare da mesi a ogni intervista o spot, Alfano giura e garantisce che è pronto davvero a riformare i processi e le norme. L'unico passo concreto che però muove non è nella direzione invocata da Fini: è la riforma delle intercettazioni voluta da Berlusconi. Riforma che non taglierà di un solo giorno i tempi del processo, non lo renderà più equo né per le vittime del reato né per gli imputati. La priorità per la giustizia è l'ascolto telefonico, aveva detto d'altronde il Capo. Così è stato.

Gran successo politico, vince il premier, perde la ragionevolezza di Fini, e soprattutto l'interesse pubblico. Per far digerire l'arroganza del capo del governo, bisogna allora escogitare due magnifiche bubbole: le intercettazioni sono troppe (inseguono 128mila "bersagli") e costano molto (226 milioni l'anno). Non si capisce (né il segretario-ministro lo spiega né alcuno ha voglia di chiederglielo) rispetto a quale parametro gli ascolti sono troppi. L'economia criminale rappresenta, senza contare la delinquenza politico-amministrativa, una quota non trascurabile del prodotto nazionale. Non meno del 10 per cento, secondo gli economisti del lavoce. info. Rispetto a questo troppo criminale, sono troppi 128mila "bersagli", un numero che peraltro sovrappone in uno solo e confuso dato statistico le persone, i tabulati, i telefoni fissi e mobili, le comunicazioni informatiche, telematiche, ambientali? Non c'è spacciatore di quartiere che non abbia tre cellulari in tasca. Totò Cuffaro, l'ex-presidente della Regione siciliana (condannato per il favoreggiamento di un mafioso) utilizzava addirittura 31 cellulari diversi. Troppi per le risorse dello nostro Stato, a quanto pare, nonostante quel che - a proposito di costi - una buona indagine con intercettazioni consegna alle casse dell'Erario.

L'inchiesta romana sulle manovre finanziarie dei "furbetti" Stefano Ricucci e Danilo Coppola (intercettati) ha consentito di recuperare 100 milioni di tasse evase. L'indagine Antonveneta, costata alla procura di Milano 8 milioni di euro (6 milioni spesi soltanto per la custodia giudiziaria), ha permesso allo Stato di incassare 102 milioni con i primi patteggiamenti e di sequestrarne 350 (saranno confiscati in caso di condanna o patteggiamento). Fatti i conti, due soli processi pagano l'intera spesa delle intercettazioni italiane per due anni, più o meno. Costano troppo, le intercettazioni? Le frottole, che sembrano affascinare anche le fondazioni di Casini e D'Alema, servono a Berlusconi e corifei per fare il passaggio successivo che - va detto - il Capo non ha mani nascosto di voler fare. Ancora domenica scorsa in un'intervista a Repubblica, il premier ha ripetuto che "il sistema delle intercettazioni è marcio" e "va tagliato del tutto", al più le intercettazioni dovranno essere un strumento "aggiuntivo" delle investigazioni. L'uomo è stato di parola. Lo ha fatto davvero e appare oggi insensata la soddisfazione di chi ripete di avergli fatto fare un passo indietro perché il disegno di legge prevede le intercettazioni per tutti i reati. La vittoria di Berlusconi è anche legislativa, infatti. L'esclusione degli ascolti per i reati sotto i dieci anni è stato soltanto il drappo rosso agitato davanti al muso del toro. Il toro ha caricato il drappo e ha consegnato il collo alla lama della spada. Conviene guardare, allora, alla lama che nel nostro caso si nasconde in un paio di regole annunciate dal segretario-ministro o già presenti nel disegno del governo. Le stupefacenti norme riguardano il chi, quando, dove e perché della riforma: chi autorizza gli ascolti; i tempi delle intercettazioni; il luogo dove effettuarle; il loro obiettivo.

Chi. Sarà un collegio di tre giudici a dare il consenso alle intercettazioni. Stravagante. Un solo giudice può infliggere l'ergastolo, ma devono essere in tre per un ascolto e poi non c'è dovunque una terna di toghe a disposizione per quella decisione. Ottanta tribunali hanno soltanto venti magistrati o meno. Bisognerebbe accorparli, i tribunali. Dovrebbe essere lavoro per il segretario-ministro che non ci pensa punto perché il Capo ha già fatto sapere che ci sarebbero sgradevoli proteste a difesa degli interessi locali. Niente da fare, allora. In ottanta tribunali dovranno scegliere o le intercettazioni o i processi. Quando. Le intercettazioni non potranno durare più di due mesi. Come se si dicesse che è legittimo indagare per sei mesi (quanto durano oggi le indagini), ma si può pedinare l'indagato soltanto per due mesi. Chi comprende questa mattana? Dove. Si potrà intercettare soltanto nei luoghi ove si ha il fondato motivo di ritenere che vi si stia svolgendo l'attività criminosa. Dunque, per esempio, non nelle caserme o nei commissariati (dove spesso gli indagati complici sciolgono la lingua per accordarsi). Non nelle carceri. Non con le telecamere negli stadi. Non si potrà più piazzare una microspia in una autovettura a meno non si sappia già che, in quell'auto, si prepara un delitto e non genericamente un delitto, ma quale delitto. Perché. Lo ha ripetuto ancora ieri il vero ministro di giustizia, l'avvocato del premier Ghedini: "Potranno essere intercettati solo coloro che sono colpiti da gravi indizi di colpevolezza".

E' questo il capolavoro che, come ha chiesto Berlusconi, annullerà, "taglierà via" (per usare le sue parole) le intercettazioni dalla scatola degli attrezzi della magistratura. Finora erano sufficienti "gravi indizi" per chiedere un'intercettazione "indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagine". Detto in altro modo, l'intercettazione doveva essere indispensabile per chiudere un'indagine. Da domani (approvata la legge) sarà necessario aver concluso l'indagine per ottenere un'intercettazione. Bisognerà già aver già intascato la colpevolezza dell'indagato per poter chiedere un ascolto. Nel mondo capovolto di Berlusconi, le prove delle colpevolezza devono esserci già per chiedere l'intercettazione che da strumento essenziale diventerà aggiuntivo, un extra a lavoro finito. Con un paradosso che a ogni persona assennata apparirà illogico, quel che oggi è sufficiente per proporre l'arresto dell'indagato o addirittura il suo rinvio a giudizio diventerà appena adeguato, domani, per chiedere un'intercettazione. Con quali effetti lo si può già prevedere. Un'indagine per omicidio contro ignoti non potrà contare più sulle intercettazioni.

Contro ignoti, non si può intercettare. In questi casi, solitamente si scrutano l'ambiente della vittima e i suoi nemici per rilevare le ragioni del conflitto, gli interessi in gioco, i sospetti dei familiari della vittima. Berlusconi pretende che se il pubblico ministero non ha già un nome, se non ha già raccolto prove della sua responsabilità e colpevolezza, si può scordare le intercettazioni. Quasi che l'ascolto telefonico fosse per la magistratura la ciliegina sulla torta, il premio per un lavoro ben fatto. I "cattivi" faranno festa e l'Italia diventerà un paese a criminalità immune. Vale la pena fare un esempio. Nella primavera del 2007 una parola di troppo in una conversazione intercettata in Sicilia lasciò capire che a Milano si stava preparando il sequestro di Paolo Berlusconi. I rapinatori furono arrestati alla vigilia dell'agguato, sotto casa del "bersaglio". Con le nuove regole l'illustre fratello si sarebbe salvato? Troppe cose avrebbero dovuto incastrarsi per il verso giusto: un'ipotesi di reato che consente un ascolto oltre i due mesi; gravi indizi di colpevolezza già raccolti contro i "cattivi"; i "cattivi" che discutono del prossimo delitto proprio in quei due mesi in un luogo dove è stato documentato che si preparano traffici loschi. Una sciarada, un terno al lotto. Che renderà più insicuri gli italiani, più potente e soddisfatta la criminalità (potrà far crescere la sua quota di Pil), contento come una pasqua il sovrano, che distrugge le intercettazioni e sbanca con gli oppositori anche gli alleati.

mercoledì 28 gennaio 2009

I maschi sono pur sempre maschi


E' stato preso, si è pentito (quando li prendono, chissà perché, si pentono tutti) ed è finito ai domiciliari uno degli stupratori di San Silvestro. Reo confesso, non trascorrerà nemmeno una notte in carcere (nemmeno da condannato) potete scommetterci, alla faccia della poveretta che dovrà trascinarsi dietro un terribile trauma per l'intera sua esistenza. D'altra parte - ricorderete il giudice Roy Snyder in un noto episodio de "I Simpson" - "i maschi sono pur sempre maschi!". Hanno beccato anche i romeni di Guidonia e dico "bravi" agli investigatori, poiché se lo meritano davvero. Sono questi i poliziotti che tengono alto l'onore dell'arma, non certo i torturatori di Bolzaneto. Ma se i violentatori sono stati acciuffati, lo è stato anche per tramite di quelle stesse intercettazioni che chi ci governa vorrebbe pesantemente limitare in nome di un diritto alla privacy che non si sa cosa voglia dire, dato che viviamo in un mondo in cui la parola "privacy" ha perduto ormai ogni suo reale significato. La verità è che nessuno ha ragione di temere le intercettazioni, a patto però che abbia la coscienza pulita...

martedì 27 gennaio 2009

Yes Man


Gran bel film “Yes Man”. Ci voleva proprio per dare un senso alla mia serata di ieri. Con lo stratosferico Jim Carrey – in forma più che mai – attorniato da efficacissimi comprimari. Meraviglie di un fare casting che qui da noi ci siamo dimenticati da tempo (dall’epoca della commedia all’italiana, temo) e che negli Usa invece prendono molto, molto sul serio. E’ una commedia brillante ed eccentrica, “Yes Man”, sentimentale quel giusto (era dalle meraviglie di “Serendipity” che non mi sentivo così appagato), ma soprattutto sguaiata, divertentissima. Non mi capita mai di ridere così tanto al cinema, specie se ci vado non accompagnato. Merito in primis del protagonista e di una sceneggiatura che è un perfetto meccanismo ad orologeria. Dopo “Juno”, insomma, ecco un altro film-commedia da vedere in sala e poi acquistare in dvd. Bello. Davvero.

lunedì 26 gennaio 2009

La sinistra delle libertà


Mentre facevo colazione mi è capitato di sentire in tv un'intervista a Nicky Vendola, presidente della Regione Puglia che vorrebbe rifondare la sinistra in Italia. Vorrei premettere che non mi sono mai fatto delle idee precise sul politico Vendola, però mi sembra persona dignitosa e presentabile. Tornando al servizio di cui dicevo, ad un certo punto l'intervistatore gli domanda come andrebbe ricostruita una sinistra e quale ne sarebbe l'eventuale slogan. Risposta di Vendola: "La sinistra delle libertà". La sinistra delle libertà! Altro che fantasia al potere, ormai siamo ben oltre il pensiero unico! La sinistra delle libertà... Ma allora è proprio vero che il ventennnio berlusconiano ci ha affumicato a tutti il cervello!

sabato 24 gennaio 2009

Attendendo i festival estivi


Sale l'attesa - e, di conseguenza, la curiosità - per conoscere i nomi delle band che suoneranno in estate nei principali festival europei. Per quanto mi riguarda, attendo di sapere chi si esibirà al Frequency Festival dl Salisburgo (20-22 agosto), da un paio d'anni il pasto principale delle mie orecchie (anche se pare che dovrò purtroppo saltare l'antipasto, dato che l'Heineken Jammin' sembra che quest'anno non si farà). A giorni dovrebbero esser resi noti i primi headliner. Nel frattempo sono andato sul sito del Fib, per cogliere qualche possibile indizio su ciò che mi attende, perché non è inusuale che quelli che vanno a Benicassim poi arrivino pure a Salisburgo. Ebbene, ad oggi del Fib si sa che vengono confermati i Franz Ferdinand, i Kings of Leon ed il mitico (una volta tanto tale aggettivo non è sprecato) Paul Weller. Metterei firma per tutti e tre, ma credo che almeno i primi verranno quasi sicuramente al Frequency. Punterei inoltre su Kaiser Chiefs, Snow Patrol e Eagles of Death Metal. Non domandatemi perché.

venerdì 23 gennaio 2009

Giù!


Titolo Fiat in caduta libera: meno 10% e sospensione per eccesso di ribasso. Quasi quasi aspetto che scenda ancora un po' e poi con un migliaio di euro compro tutto io! Quasi quasi...

giovedì 22 gennaio 2009

La deriva


Ieri sera leggevo qualche pagina de "La deriva". Qualche pagina e non di più. Nemmeno credo che lo leggerò tutto. Probabilmente neanche la metà... Perché è vero che so benissimo come funzionino le cose nel nostro amato "bel"paese, ma vedere fatti e cifre snocciolati uno dietro l'altro - senza soluzione di continuità, senza poter tirare il fiato per un solo istante - mi porta dopo un po' a desiderare di preparare le valigie e andarmene da un Italia (di furbi, ladri, profittatori, disonesti, intrallazzoni, corruttori, concussori, evasori...) che davvero non mi rappresenta.

mercoledì 21 gennaio 2009

Una nuova alba


Da ieri gli Stati Uniti hanno voltato finalmente pagina. Obama ha giurato, dabliù è tornato a fare ciò che gli viene meglio: golf, pesca, sport in tv e rutto libero. Il suo lascito sono due guerre irrisolte e una crisi economica spaventosa, per non dire del tanto odio ovunque suscitato dalla politica muscolare di cui è stato artefice. Non è un caso che nel proprio discorso d'insediamento Barack abbia detto che l'America dovrà sciogliere il pugno e stringere la mano a tutte le nazioni che vorranno impegnarsi per il cambiamento. E' presto per esultare - alla fine anche il nero alla Casa bianca dovrà fare i conti con i poteri forti - ma se penso che potevamo avere McCain e la Palin, mi si drizzano i peli pubici.

martedì 20 gennaio 2009

Kakà, non se ne va


"I soldi non sono tutto", ha dichiarato Kakà commentando la sua decisione di rimanere al Milan. Detto da uno che in rossonero guadagna comunque 8 milioni netti all'anno - senza contare i proventi pubblicitari - e che ha ricontrattato più volte in aumento il suo ingaggio... No, Kakà non è San Francesco d'Assisi. Probabilmente vuole accasarsi al Real Madrid e spera di farlo già in estate. O può darsi che preferisca effettivamente diventare un giorno il capitano del Milan. Contento lui... Solo non beatifichiamolo per questo, ché i grandi uomini stanno altrove e il più delle volte non guadagnano un millesimo di quel che prende Kakà.

lunedì 19 gennaio 2009

W.


Non lo rimpiangeremo. Perché George dabliù Bush è stato davvero il peggior presidente della storia degli Stati Uniti. E sì che alla Casa Bianca hanno dimorato parecchi personaggi a dir poco discutibili: guerrafondai, puttanieri, lestofanti, spioni e chi più ne ha più ne metta. Dal 21 gennaio arriva Obama e pur non facendomi eccessive illusioni, credo che sarà comunque un bel passo avanti! Questa sera, intanto, alle 21.10 il canale La7 trasmetterà il film che Oliver Stone ha dedicato a dabliù: "W.". Nelle sale italiane non lo si è quasi visto (è l'ennesimo esempio di censura nostrana), per cui trattasi praticamente di una prima visione assoluta. Io lo guarderò, fatelo anche voi.

sabato 17 gennaio 2009

Ma va' a Kakà!


Sono 105, no 120, anzi 150... Sull'offerta del Manchester City per Kakà si fa un gran parlare. Dicono che al ragazzo andrebbero ben 550mila euro alla settimana. Più o meno quello che l'uomo qualunque guadagnerà in così tanti anni che non vale nemmeno la pena di pensarci (sempre che di questi tempi riesca a tenersi un lavoro, che non è poi così scontato). Sono follie di un calcio che dovrà fare - pure esso - presto i conti con la crisi. Ma c'è poco da scandalizzarsi se pensiamo ai 65 miliardi di lire del Milan (nel '93!) per Lentini o ai 75 milioni di euro del Real per Zidane. La strada - anzi, la discesa - ormai conduce a certe cifre pazzesche e se dopo i ricconi russi alla Abramovich arrivano pure gli sceicchi arabi non ci sono più limiti.

venerdì 16 gennaio 2009

Il nuovo Mucchio è in edicola!


In clamoroso ritardo rispetto all'usuale tempistica, esce in questi giorni in edicola il nuovo numero del Mucchio. Ve lo segnalo, come sempre, convinto che la (poca) buona informazione che circola vada necessariamente sostenuta. Lunga vita al Mucchio!

giovedì 15 gennaio 2009

Buon compleanno Giulio!


Applausi a scena aperta e peana spudorati ieri mattina in Senato a Roma. Un clima di festosità bipartisan (mancavano solo gli esponenti dell’Italia dei Valori) come solo in quei luoghi si riscontra allorché qualcuno tra i politici inquisiti riesce a farla franca con la giustizia. Ma stavolta non c’erano di mezzo sentenze assolutorie (merce comunque rara nel Parlamento dei pregiudicati) o di prescrizione (molto più frequenti), si dovevano invece celebrare i novant’anni di “sua immortalità” Giulio Andreotti. Un rito che i tg nazionali in verità avevano anticipato da giorni, con interviste ed agiografie ovviamente omissivi sulla reale statura del più volte Presidente del Consiglio. E sentendo in televisione cotanti sproloqui, mi è sopravvenuto un legittimo sospetto: trattasi mica del Giulio Andreotti riconosciuto mafioso da una nota sentenza passata in giudicato? O è un semplice caso di omonimia?

lunedì 12 gennaio 2009

IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI


di Paolo Barnard

Marco Travaglio ha appena scritto un commento su Gaza, diramato dalla sua casa editrice Chiarelettere, che inizia così: “Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa sì, attacca civili israeliani”.

Bene.

Il compianto Edward Said, palestinese e docente di Inglese e di Letteratura Comparata alla Columbia University di New York, scrisse anni fa un saggio intitolato “The Treason of the Intellectuals” (il tradimento degli intellettuali). Si riferiva alla vergognosa ritirata delle migliori menti progressiste d’America di fronte al tabù Israele. Ovvero come costoro si tramutassero nelle proverbiali tre scimmiette - che non vedono, non sentono, non parlano - al cospetto dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che il Sionismo e Israele Stato avevano commesso e ancora commettono in Palestina, contro un popolo fra i più straziati dell’era contemporanea.

E di tradimento si tratta, senza ombra di dubbio, e cioè tradimento della propria coscienza, delle proprie facoltà intellettive, e del proprio mestiere. Gli intellettuali infatti hanno a disposizione, al contrario delle persone comuni, ogni mezzo per sapere, per approfondire. Ma nel caso dei 60 anni di conflitto israelo-palestinese, con la mole schiacciate e autorevole di documenti, di prove e di testimonianze che inchiodano lo Stato ebraico, non sapere e non pronunciarsi può essere solo disonestà e vigliaccheria. Poiché in quella tragedia la sproporzione fra i rispettivi torti è così colossale che non riconoscere nel Sionismo e in Israele un “torto marcio”, una colpa grottescamente e atrocemente superiore a qualsiasi cosa la parte araba abbia mai fatto o stia oggi facendo, è ignobile. E’ un tradimento della più elementare pietas, del cuore stesso dei Diritti dell’Uomo e della legalità moderna. E’ complicità, sì, com-pli-ci-tà nei crimini ebraici in Palestina. Leggete più sotto.

I traditori nostrani abbondano, particolarmente nelle fila dell’ala ‘progressista’. Marco Travaglio guida oggi il drappello, che vede Furio Colombo, Gad Lerner, Umberto Eco, Adriano Sofri, Gustavo Zagrebelsky, Walter Veltroni, Davide Bidussa et al., affiancati dell’instancabile lavoro di falsificazione della cronaca di tutti i corrispondenti a Tel Aviv delle maggiori testate italiane. E ci si chiede: perché lo fanno? Personalmente non mi interessa la risposta, e non voglio neppure addentrarmi in ipotesi contorte del tipo ‘il potere della lobby ebraica’, la carriera, o simili.

Ciò che conta è il danno che costoro causano, che è, si badi bene, superiore a quello delle armi, delle torture, delle pulizie etniche, del terrorismo. Molto superiore.

Perché una cosa sia chiara a tutti: l’unica speranza di porre fine alla barbarie in Palestina sta nella presa di posizione decisa dell’opinione pubblica occidentale, nella sua ribellione alla narrativa mendace che da 60 anni permette a Israele di torturare un intero popolo innocente e prigioniero nell’indifferenza del mondo che conta, quando non con la sua attiva partecipazione. Ma se gli intellettuali non fanno il loro dovere di denuncia della verità, se cioè non sono disposti a riconoscere ciò che l’evidenza della Storia gli sbatte in faccia da decenni, e se non hanno il coraggio di chiamarla pubblicamente col suo nome, che è: Pulizia Etnica dei palestinesi, mai si arriverà alla pace laggiù. E l’orrore continua. Essi, di quegli orrori, hanno una piena e primaria corresponsabilità.

L’evidenza della Storia di cui parlo è in primo luogo: che il progetto sionista di una ‘casa nazionale’ ebraica in Palestina nacque alla fine del XIX secolo con la precisa intenzione di cancellare dalla ‘Grande Israele’ biblica la presenza araba, attraverso l’uso di qualsiasi mezzo, dall’inganno alla strage, dalla spoliazione violenta alla guerra diretta, fino al terrorismo senza freni. I palestinesi erano condannati a priori nel progetto sionista, e lo furono 40 anni prima dell’Olocausto. Quel progetto è oggi il medesimo, i metodi sono ancor più sadici e rivoltanti, e Israele tenterà di non fermarsi di fronte a nulla e a nessuno nella sua opera di Pulizia Etnica della Palestina. Questo accadde, sta accadendo e accadrà. Questo va detto, illustrato con la sua mole schiacciante di prove autorevoli, va gridato con urgenza, affinché il pubblico apra finalmente gli occhi e possa agire per fermare la barbarie.

In secondo luogo: che la violenza araba-palestinese, per quanto assassina e ingiustificabile (ma non incomprensibile), è una reazione, REAZIONE, disperata e convulsa, a oltre un secolo di progetto sionista come sopra descritto, in particolare a 60 anni di orrori inflitti dallo Stato d’Israele ai civili palestinesi, atrocità talmente scioccanti dall’aver costretto la Commissione dell’ONU per i Diritti Umani a chiamare per ben tre volte le condotte di Israele “un insulto all’Umanità” (1977, 1985, 2000). La differenza è cruciale: REAGIRE con violenza a violenze immensamente superiori e durate decenni, non è AGIRE violenza. E’ immorale oltre ogni immaginazione invertire i ruoli di vittima e carnefice nel conflitto israelo-palestinese, ed è quello che sempre accade. E’ immorale condannare il “terrorismo alla spicciolata” di Hamas e ignorare del tutto il Grande terrorismo israeliano.

Le prove. Non posso ricopiare qui migliaia di documenti, citazioni, libri, atti ufficiali e governativi, rapporti di intelligence americana e inglese, dell’ONU, delle maggiori organizzazioni per i Diritti Umani del mondo, di intellettuali e politici e testimoni ebrei, e tanto altro, che dimostrano oltre ogni dubbio quanto da me scritto. Quelle prove sono però facilmente consultabili poiché raccolte per voi e rigorosamente referenziate in libri come “La Pulizia Etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi ed., o “Pity The Nation”, di Robert Fisk, Oxford University Press, e “Perché ci Odiano”, Paolo Barnard, Rizzoli BUR, fra i tantissimi. O consultabili nei siti http://www.btselem.org/index.asp, http://www.jewishvoiceforpeace.org, http://zope.gush-shalom.org/index_en.html, http://www.kibush.co.il, http://rhr.israel.net, http://otherisrael.home.igc.org. O ancora leggendo gli archivi di Amnesty International o Human Rights Watch, o ne “La Questione Palestinese” della libreria delle Nazioni Unite a New York.

E torno al “tradimento degli intellettuali” nostrani. Vi sono aspetti di quel fenomeno che sono fin disperanti. Il primo è l’ignoranza in materia di conflitto israelo-palestinese di alcuni di quei personaggi, Marco Travaglio per primo; un’ignoranza non scusabile, per le ragioni dette sopra, ma anche ‘sospetta’ in diversi casi.

Un secondo aspetto è l’ipocrisia: l’evidenza di cui sopra è soverchiante nel descrivere Israele come uno Stato innanzi tutto razzista, poi criminale di guerra, poi terrorista, poi Canaglia, poi persino neonazista nelle sue condotte come potere occupante. Ricordo il 17 novembre 1948, quando Aharon Cizling, allora ministro dell’agricoltura della neonata Israele, sorta sui massacri dei palestinesi innocenti, disse: “Adesso anche gli ebrei si sono comportati come nazisti, e tutta la mia anima ne è scossa”. Ricordo Albert Einstein, che sul New York Times del dicembre 1948 definì l’emergere delle forze di Menachem Begin (futuro premier d’Israele) in Palestina come “un partito fascista per il quale il terrorismo e la menzogna sono gli strumenti”. Ricordo Ephrahim Katzir, futuro presidente di Israele, che nel 1948 mise a punto un veleno chimico per accecare i palestinesi, e ne raccomandò l’uso nel giugno di quell’anno. Ricordo Ariel Sharon, che sarà premier, e che nel 1953 fu condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 101, dopo che ebbe rinchiuso intere famiglie palestinesi nelle loro abitazioni facendole esplodere. Ricordo l’ambasciatore israeliano all’ONU, Abba Eban, che nel 1981 disse a Menachem Begin: “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia alle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”. Ricordo la risoluzione ONU A/RES/37/123, che nel dicembre del 1982 definì il massacro dei palestinesi a Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”. Ricordo le parole dello Special Rapporteur dell’ONU per i Diritti Umani, il sudafricano John Dugard, che nel febbraio del 2007 scrisse che l’occupazione israeliana era Apartheid razzista sui palestinesi, e che Israele doveva essere processata dalla Corte di Giustizia dell’Aja. Ricordo le parole dell'intellettuale ebreo Norman G. Finkelstein, i cui genitori furono vittime dell’Olocausto: “Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi da nazisti.” Ricordo che esistono prove soverchianti che Israele usa bambini come scudi umani; che lascia morire gli ammalati ai posti di blocco; che manda i soldati a distruggere i macchinari medici nei derelitti ospedali palestinesi; che viola dal 1967 tutte le Convenzioni di Ginevra e i Principi di Norimberga; che ammazza i sospettati senza processo e con loro centinai di innocenti; che punisce collettivamente un milione e mezzo di civili esattamente come Saddam Hussein fece con le sue minoranze shiite; che massacra 19.000 o 1.000 civili a piacimento in Libano (1982, 2006) e poi reclama lo status di vittima del ‘terrorismo’. Ricordo che il Piano di Spartizione della Palestina del 1947 fu rigettato da Ben Gurion prima ancora che l'ONU lo adottasse, e che esso privava i palestinesi di ogni risorsa importante (dai Diari di Ben Gurion). Ricordo che la guerra arabo-israeliana del 1948 fu una farsa dove mai l’esercito ebraico fu in pericolo di sconfitta, tanto è vero che Ben Gurion diresse in quei mesi i suoi soldati migliori alla pulizia etnica dei palestinesi (sempre dai Diari di Ben Gurion); che la guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un’altra menzogna, dove ancora Israele sapeva in aticipo di vincere facilmente “in 7 giorni”, come disse il capo del Mossad Meir Amit a McNamara a Washington prima delle ostilità, e mentre l’egiziano Nasser tentava disperatamente di mediare una pace (dagli archivi desecretati della Johnson Library, USA); che gli incontri di Camp David nel 2000 furono un inganno per distruggere Arafat, come ho dimostrato in “Perché ci Odiano” intervistando i mediatori di Clinton; che i governi di Israele hanno redatto 4 piani in sei anni per la distruzione dell'Autorità Palestinese sancita dagli accordi di Oslo mentre fingevano di volere la pace (nomi: Fields of Thorns, Dagan, The Destruction of the PA, ed Eitam); che la tregua con Hamas che ha preceduto l’aggressione a Gaza fu rotta da Israele per prima il 4 novembre del 2008 (The Guardian, 5/11/08 – Ha’aretz, 30/12/08), con l’assassino di 6 palestinesi. E queste sono solo briciole della mole di menzogne che ci hanno raccontato da sempre sulla 'epopea' sionista.

Ricordo infine Ben Gurion, il padre di Israele, che lasciò scritto: “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba”. E ancora: “C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Quell'uomo pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’OLP, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele.

Ricordo ai nostri ‘intellettuali’ di andarle a leggere queste cose, che sono in libreria accessibili a tutti, prima di emettere sentenze.

E l’ipocrisia sta nel fatto che questi negazionisti di tali orrori storici possono scrivere le enormità che scrivono sulla tragedia di Gaza, sulla Pulizia Etnica dei palestinesi, e possono dichiararsi filo-israeliani “appassionati” (Travaglio) senza essere ricoperti di vergogna dal mondo della cultura, dai giornalisti e dai politici come lo sarebbe chiunque negasse in pubblico l’orrore patito per decenni dalle vittime dell’Apartheid sudafricana, o i massacri di pulizia etnica di Srebrenica e in tutta la ex Jugoslavia.

Il mio appello a questi colti mistificatori è: continuare a seppellire sotto un oceano di menzogne, di ipocrisia, sotto l’indifferenza allo strazio infinito di un popolo, sotto la vostra paura o la vostra convenienza, la grottesca sproporzione fra il torto di Israele e quello palestinese, causa e causerà ancora morti, agonie, inferno in terra per esseri umani come noi, palestinesi e israeliani. Sono più di cento anni che il nostro mondo li sta umiliando, tradendo, derubando, straziando, con Israele come suo sicario. Sono 60 anni che chiamiamo quelle vittime “terroristi” e i terroristi “vittime”. Questo è orribile, contorce le coscienze. Non ci meravigliamo poi se i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo islamico finiscono per odiarci. Dio sa quanta ragione hanno, cari 'intellettuali'.

Paolo Barnard

Gennaio 2009

sabato 10 gennaio 2009

La Strada dell'amicizia


Mentre il riacutizzarsi delle tensioni in Palestina tiene in apprensione il mondo intero, a Gemona del Friuli in provincia di Udine, il locale Rotary Club sta portando avanti il progetto per la realizzazione di una Strada dell'amicizia in Galilea. L'iniziativa era stata illustrata al sindaco Gabriele Marini dal capo del Consiglio locale di Mailya (villaggio palestinese), Fathi Assaff e dal capo del Consiglio regionale di Maali Yosef (insediamento israeliano), Avi Krimpa, in occasione di uno dei viaggi effettuati in Terra Santa dal primo cittadino. Il progetto originario - che prevedeva tra le altre cose l'intitolazione di una piazza alla città di Gemona - era stato in seguito accantonato, ufficialmente per i rigurgiti di violenza in Medio Oriente, ma più in concreto a causa della mancanza dei fondi necessari. Gli amministratori di Mailya e Maali Yosef avevano in effetti chiesto al sindaco della città friulana di contribuire direttamente, o indirettamente, cioè trovando qualche sponsor disposto a dare una mano. Come abbiamo detto, i nuovi episodi di sangue che avevano successivamente investito quella tormentata regione avevano però stoppato l'iniziativa. Tutto bloccato fino ad alcune settimane fa, quando il Rotary Club di Gemona, nella persona del suo presidente Otello Quaino, aveva manifestato il proprio interesse ad essere della partita, operando al fianco del Comune. Era stata anche formata un'apposita commissione, della quale fa parte – tra gli altri - il dottor Shalom Zilbershmidt (gemonese di origini israeliane) cui si deve la nascita dei rapporti di amicizia con le comunità di Mailya e Maali Yosef. La raccolta di fondi servirà insomma a finanziare il primo lotto della Strada dell'amicizia, per il quale è prevista una spesa complessiva di circa 80mila euro. Nel frattempo - e ad ulteriore testimonianza del legame che ormai unisce la città di Gemona al villaggio di Mailya e all'insediamento ebraico di Maali Yosef - alcuni studenti gemonesi ed i ragazzi delle giovanili del Gemona Basket si sono recati in Galilea, restituendo la visita che i loro coetanei palestinesi ed ebrei fecero la scorsa estate quando vennero in Friuli e parteciparono, proprio a Gemona, ad un torneo di basket.

venerdì 9 gennaio 2009

Povero Ronaldo...


Ho appreso dai tg che il neo Pallone d'oro, Cristiano Ronaldo, si è schiantato a bordo della sua Ferrari da 250mila euro. L'auto è distrutta, lui - per fortuna - non s'è fatto niente. Però, poveraccio, con quel che guadagna gli toccherà lavorare una settimana per potersela ricomprare. Destino canaglia!

giovedì 8 gennaio 2009

Accade in Palestina


Non esiste peggior cieco di chi non vuol vedere. Quando di mezzo c'è pure l'ipocrisia della politica schierata, beh, in quel caso trattenete i conati di vomito... se ci riuscite. Perché ciò che sta succedendo a Gaza è sotto gli occhi di tutti noi, basta voler guardare. E mentre il resto del mondo - Bush a parte, ma a giorni ce lo toglieranno definitivamente dai coglioni - s'indigna di fronte all'ennesima aggressione israeliana ai danni del popolo palestinese, i "nostri" politici parlano di reazione giusta a fronte dei continui attacchi missilistici di Hamas. Frattini sragiona come sempre; Capezzone ha ormai (s)venduto il culo al diavolo; Gasparri delira da mesi su qualsiasi argomento lo interpellino e davvero non capisco il motivo per cui i giornalisti continuino a mettergli in bocca il microfono. Lo dico a difesa di Gasparri, perché non si dovrebbe prendere per il culo i minus habens. (anche se di lui Gianfranco Fini ha sempre detto: "Non è un ritardato. E' solo che non ci arriva..."). E poi - ai margini della nostra politicuzza da quattro soldi, epperò con un ruolo da opinion leader che non ti spiegheresti (a meno di conoscere un minimo la storia degli anni di piombo e della guerra civile al silenziatore che si combatté in quella sanguinosa stagione) c'è Adriano Sofri, il cui ragionamento - da me liberamente parafrasato - suona più o meno così: ciò che sta avvenendo in Palestina è colpa di Hamas, ma sarebbe bene che le violenze cessassero e comunque è un diritto degli israeliani difendersi e non è colpa loro se i bambini crepano sotto le bombe (anche se si rifugiano in qualche edificio difeso dalla bandiera dell'Onu...) poiché a Gaza i bimbi sono talmente numerosi che non colpirli è impossibile e semmai erano i loro genitori a dovere evitare di metterli al mondo, razza di conigli che non sono altro. Il Papa alza la voce per fermare il conflitto e come sempre nessuno lo ascolta ("Da che pulpito viene la predica", pare sia il commento più gettonato nei cinque continenti). Non lo ascoltano nemmeno i politici italiani, che invece di solito sono prontissimi a coglierne qualsiasi sospiro, fosse sui gay, sulle coppie di fatto o sulle staminali. La realtà è che la Palestina continua ad essere un territorio occupato e che quelli di Hamas non sono dei terroristi, bensì il governo liberamente eletto dai palestinesi. Democraticamente eletto. Ma sappiamo che per l'Occidente baro - americani in testa - tale dettaglio è insignificante se poi a vincere le elezioni non è qualche pupazzo da ventriloquo insediato dalla Cia. Che poi Hamas non stia facendo gli interessi del popolo che lo ha mandato al potere è un'altra storia. Rimane il fatto che - come al solito - la reazione israeliana è del tutto sproporzionata, così come già successe in tempi recenti nel non lontano Libano.

mercoledì 7 gennaio 2009

Risvegli


Rieccomi (rieccoci) qui, dopo la pausa natalizia. Un altro anno se n'è andato e siamo appena entrati in un 2009 che si preannuncia bello tosto. Guerra in Palestina e crisi economica sono i temi caldi. Poi c'è il solito teatrino della nostra (sempre più squallida) politica. Ci vediamo domani, ora lasciatemi riaprire gli occhi...