domenica 4 settembre 2016

LA MIA ESTATE "LIVE"

LA MIA ESTATE "LIVE": I VOTI AI CONCERTI CHE HO VISTO - Vengo da due deludentissime giornate all'Home Festival di Treviso; avrei l'abbonamento, acquistato "al buio" in dicembre, ma mi sono fermato a venerdì. Ieri infatti l'headliner era Martin Garrix, un dj (a questo ci siamo ridotti...), stasera sul palco principale chiuderanno i 2Cellos, da me rinominati "due uccellos", in pratica una cover band (a questo ci siamo ridotti parte seconda). Girando per concerti mi sono accorto che i venti-trentenni di oggi non sanno niente di musica e che, fondamentalmente, non gl'interessa. I musicisti sul palco suonano e i nostri venti-trentenni intanto chiacchierano e scherzano, come se l'esibizione live fosse un sottofondo da bar. Sono del tutto incapaci di apprezzare anche solo un'elementare costruzione armonica, ma in compenso scattano come delle molle non appena i bassi cominciano a pompare, praticamente un riflesso pavloviano. Al concerto degli inascoltabili Prodigy (spoiler: forse il peggior concerto della mia vita, ma ci sto ancora ragionando su) ho assistito a scene che mai avrei voluto vivere di persona: il delirio totale per un ammasso di suoni senza senso che non si possono definire musica proprio perché musica non sono. Ciò premesso, partiamo con le MIE pagelle. L.A. GUNS A OSOPPO ("Concerto per Matteo", 21/05): Non mi aspettavo niente di che da una band che presumevo (a torto) ormai bollita. Chiedevo solo un po' di rock 'n' roll; del sano rock 'n' roll, quale antipasto di un'estate musicale che prevedeva nel menu ben altre portate. Invece ho capito da subito di avere azzeccato la serata giusta. Gli L.A. Guns fanno glam rock proprio come lo si faceva negli anni Ottanta (ricordate i Poison?): per carità, niente che sia destinato a rimanere alla storia, ma se ti ci butti dentro con lo spirito giusto alla fine ne uscirai con il sorriso tra le labbra com'è successo al sottoscritto nel parco dell'ex colonia. Presenza scenica, pezzi trascinanti e un tiro pazzesco, nonostante un contesto poco stimolante per gente che arriva dalla città degli angeli (un piccolo palco nella periferia della periferia della periferia). Phil Lewis è un vocalist coi fiocchi, gli assolo del sorprendente Michael Grant (lead guitar) non fanno prigionieri. VOTO: 7. BLACK MOUNTAIN A PADOVA (Parco della Musica, 05/07): Rispetto alle prove su disco i canadesi dal vivo ci guadagnano. I Black Mountain devono il nome agli Zeppelin, per la loro formazione musicale si sono abbeverati alla fonte del rock anni Settanta, ma si sono costruiti col tempo una propria identità e un suono riconoscibile. Una prima metà di concerto apprezzabile, da "Rollercoaster" in poi un climax che condurrà all'orgasmo di dieci minuti intitolato "Space to Bakersfield", una delle cose più belle che mi sia capitato di ascoltare da quando frequento i fronte palco del rock. Clamoroso l'assolo finale di Stephen McBean, chitarrona satura e suoni acidi. Mamma mia! VOTO: 8 1/2. NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL A PIAZZOLA SUL BRENTA (Hydrogen Festival, 13/07): Voglio essere onesto, fino a un certo punto sembrava un concerto dei tanti, nonostante un paio di perle tutt'altro che scontate in scaletta quali "Old man" ed "Helpless". Poi, quando Luke Nelson ha intonato "Volare" mi sono detto che le cose si mettevano male. Invece, dio Neil ha smentito il san Tommaso che c'è in me imbracciando la sua Gretsch elettrica e ci ha accompagnati tutti quanti nel paradiso (in terra) del rock: "Alabama", "Powderfinger", "Mansion on the hill", che goduria, ma sin qui tutto nella norma trattandosi di un concerto di Neil Young. Quando però cavallo pazzo ha attaccato col riff di "Like a hurricane" la serata è diventata davvero magica: assoli, rumorismi e distorsioni senza tregua. I diciassette minuti musicalmente più entusiasmanti della mia vita, vissuti con gli occhi chiusi e lacrimanti, immerso in una dimensione che mai avrei voluto abbandonare. Proprio come dicevo: se il paradiso esiste sul serio quella sera stava a Piazzola sul Brenta. Ulteriori perle di un concerto della durata di tre ore: una "Down by the river" in chiave blues e l'anthemica "Rockin' in the free world". VOTO: 10. TEMPER TRAP A PADOVA (Parco della Musica, 15/07): E' uno di quei gruppi che nessuno crede di conoscere ma in realtà tutti conoscono, non fosse altro per la loro "Sweet disposition", canzone che all'epoca della pubblicazione dell'album "Conditions", nel 2008, venne infilata nei film (mi viene in mente "(500) giorni insieme"), nei telefilm ("Greek - La confraternita", "Skins", "90210", "Underbelly: a tale of two cities") e addirittura nei videogiochi ("Pro evolution soccer 2011"). Segno distintivo della band è ovviamente l'inconfondibile falsetto di Dougy Mandagi, vocalist che però dà il meglio quando va a raggiungere le note alte (molto alte). Tre album all'attivo, la loro scaletta pesca quasi esclusivamente dal primo e dall'ultimo disco, fatta eccezione per una "Rabbit hole" che è contagiosa come un virus nel suo inesorabile crescendo. Buon set, rovinato però dal chiacchiericcio di sottofondo. VOTO: 6/7. COSMIC BLOOM A OSOPPO (Allaria Eco Villaggio, 20/07): Incuriosito da alcuni loro video quella sera ho addirittura rinunciato a Suzanne Vega, che suonava in contemporanea a villa Manin di Passariano. I francesi Cosmic Bloom sono una band aperta (come ha spiegato il loro leader Jesus Manuel possono esibirsi in tre come a Osoppo, ma anche in cinque, sei o più). Il loro stile viene etichettato come "flower grunge" o "cosmic folk", quel che posso dire per averlo sperimentato di persona è che lavorano molto con le armonie, sia vocali (i duetti tra Jesus Manuel ed Emma Grace), sia strumentali, col violino di Emma ad emergere spesso e volentieri per intensità e passione. Il terzo componente del gruppo era in questo caso il bassista Victos Lazarus (un vero basso acustico, rara avis). Concerto molto bello, purtroppo per pochi intimi ed eravamo così pochi che a un certo punto, mentre Emma eseguiva il suo assolo, Jesus Manuel è venuto a scambiare quattro chiacchiere con me che stavo seduto in prima fila. VOTO: 7. ASOLO MUSIC FESTIVAL (23/08): Un festival nato nel 2015 e che prova a saldare le radici in un luogo non facilmente raggiungibile (da Conegliano in poi si procede a passo lento). Un bel posto, nel verde, belli gli stand, bella la gente, finanche l'aria (e mi pare il minimo, vista la collocazione del paese). Dei The Neighbourhood, band californiana, posso sottolineare solo l'inconsistenza della proposta musicale: fossero italiani non se li filerebbe proprio nessuno (VOTO: 5 1/2). I Soviet Soviet sono italianissimi e derivatissimi: il loro suono guarda alpost punk/new wave 1979-1980, con le linee di basso (lo strumento portante) che ricordano quelle già sentite nella discografia di gruppi dark come Siouxsie and the Banshees, The Cure, eccetera (VOTO: 6). Ma noi tutti eravamo lì per i Foals, in esclusiva nazionale proprio all'AMA e devo dire che non hanno deluso. Certo, lo ammetto, prima di mettermi in viaggio per Asolo avevo molti dubbi e quasi quasi rinunciavo. Ma avrei sbagliato e di grosso, perché questi sul palco hanno dimostrato di saper suonare, assecondati da un impianto audio di ottimo livello (ne venivano esaltati il suono della batteria e quello del basso, bello rotondo proprio come piace a me), per non dire delle luci: insomma, come essere al concerto di un headliner in un vero festival europeo. Certo, i Foals sono pur sempre i Foals e nei momenti peggiori possono ricordare i Foster the People ("My number" in particolare, brano leggero quanto insulso), ma che scavando nel loro lato più oscuro riescono a estrarre delle gemme notevoli. Addirittura, in "Red socks pugie", Yannis Philippakis mi regala il "solo" di chitarra che non mi sarei mai aspettato (da lui). VOTO: 7 1/2 HOME FESTIVAL DI TREVISO (01-02/09): Ho guardato con molta simpatia alla nascita e svilupparsi di questo festival. Perché s'ispira ai festival veri, che ormai spuntano ovunque tranne che in Italia; e perché Treviso la raggiungi con un paio d'ore di macchina (un'ora e mezza sino al casello di Treviso Sud, ma poi devi mettere in conto il traffico). Il 2016, stando alle dichiarazioni degli organizzatori, avrebbe dovuto essere l'anno della svolta e per tale motivo avevo acquistato l'early ticket a dicembre. Purtroppo, devo dire che sin qui dei veri festival all'estero l'Home ha preso quasi solo i difetti, quali ad esempio la puzza e il polverone. Cioè, riconosco la passione e la buona volontà degli organizzatori: quello che stanno facendo è qualcosa di grandioso. Però è mancato il coraggio; si è andati sul sicuro. L'organizzatore stesso in un'intervista ha ammesso di puntare al pubblico dei giovani (io direi giovanissimi), implicitamente escludendo gli over 40 come il sottoscritto. Il che è comprensibile, dato che i miei coetanei non sono in grado di affrontare nemmeno fisicamente (io dopo due giorni ero devastato) un festival di quattro giorni. Però dobbiamo capirci: se tu organizzi un evento del genere per farci i soldi, allora chi sono io per criticarti, ma se vuoi invece promuovere la buona musica, allora siamo sulla strada sbagliata. Partiamo dagli headliner: Editors (band priva di un'identità, scopiazza da questo e quell'altro, negli ultimi tempi naviga a vista incapace di rinnovarsi), Prodigy (e qui potevo anche essere d'accordo... prima di sentirli dal vivo), Martin Garrix (un dj, dio mio, un dj!!!) e 2Cellos (cover band di bellocci amatissima dalle donne). CHE ROBA E'?? Mi si dirà che non potendo permettersi band di primo livello come i Muse o i The Cure, si preferisce andare sul sicuro affidandosi al Garrix, al Kalkbrenner o all'Aoki (vedi AMA di Asolo) di turno. Ma poi, il resto? E' davvero importante avere tanti palchi se poi ci mandi a suonare, nemmeno le migliori band italiane (quelle di richiamo le hai già impegnate nel main stage), ma gruppetti sconosciuti, probabilmente tutti gravitanti in regione Veneto? Mi si dirà che tutti meritano un'opportunità per esibirsi e che un giorno da leoni non lo si nega a nessuno. Okay, ci sto. Fatto sta che per quanto riguarda la proposta musicale il glorioso Beach Bum di Jesolo era decisamente di livello superiore. Per quanto riguarda i live (pochi) ai quali ho assistito, i brani dei Ministri (per stessa ammissione del loro chitarrista/compositore) giocano sulle stesse tre-quattro strutture, ma si fanno comunque ascoltare con piacere. Non sono una band paracula, tutto il contrario e ciò va a loro merito (VOTO: 6+). I Cani e il loro elettropop post-adolescenziale mi hanno preso alla sprovvista nella seconda parte del set con almeno tre pezzi davvero sorprendenti. Ottimi anche gli effetti visivi, tenendo conto che una band del genere non ha di certo il potenziale finanziario dei Kiss. VOTO: 7-. E veniamo agli Editors, band che ho sempre disprezzato apertamente, ma che ritenevo potesse farmi cambiare opinione dal vivo (com'era ad esempio successo ai Korn quattro anni fa). Peccato che i nostri non sappiano suonare; che il chitarrista stia lì solo a fare numero, irrilevante come il gol del Brasile contro la Germania agli ultimi Mondiali; che il bassista si sia fermato alla prima lezione di basso rock; che il cantante abbia un timbro limitato e privo di colore, non riesce a reggere mezza strofa senza strozzarsi eppure cerca di imitare il Jim Kerr da stadio di metà 80. Gli Editors: una band che dal vivo si porta a casa il risultato grazie a un pubblico di bocca buona facilmente irretito dal pulsare molto (troppo per un gruppo sedicente rock-new wave) dance della grancassa, con una spruzzata di tastiera. Andate a lavorare! (VOTO: 4). Infine i Prodigy. I Prodigy... Che per qualche strana ragione mi ero fatto l'idea che fossero dal vivo una potenza e che invece mi hanno rifilato la peggiore spazzatura pseudo musicale della mia lunga storia concertistica. Un impasto sonoro strapompato e volto ad alimentare le frequenze dei subwoofer, per la gioia del pubblico pogante. Ho lasciato il fronte palco dopo una "canzone" e mezza, me ne sono andato dall'Home quando erano alla quarta o quinta. Una merda (scusate). VOTO: 0 (zero).

sabato 3 settembre 2016

JE SUIS CHARLIE ALBERT SINDICI

"Da quando la satira se la prende con le persone illustri?" - Il miliardario Montgomery Burns Il punto è questo: la satira, quella vera, attacca sempre i ricchi e potenti, mai le loro vittime. Ecco perché vedendo ieri la vignetta di Charlie Hebdo i conti non mi tornavano. Mi è parsa davvero brutta, incomprensibile (occhio a questo aspetto che è fondamentale), gratuita. Io amo la satira, peccato che questa sia praticamente inesistente in Italia al punto che si spacciano come tali le battutine innocue di un Maurizio Crozza. Non esiste che dei "talebani" della satira come quelli della (anche tristemente) nota rivista francese ne ignorino uno dei comandamenti. Che se ne freghino al punto da spingersi (chissà poi perché!) a insultare la memoria delle vittime del terremoto del centro Italia. Non esiste proprio. Ho poi scoperto che la vignetta in questione era completata da un testo scritto ovviamente in francese: troppa fatica tradurlo per chi aveva già deciso di mettere alla berlina (tutti) i francesi postando sui social la vignetta della vergogna. Ma vergogna... per chi? Nel testo di cui parlo si spiega che anche qui in Italia ci preoccupiamo di cose come il terrorismo islamico, mentre non facciamo nulla per evitare che ci cadano addosso le case ogni volta che avviene un terremoto. E' un atto d'accusa nei confronti della nostra classe politica di ieri, oggi e - probabilmente - anche domani, le colpevoli omissioni, gli appalti truccati, le bustarelle, l'ignavia. Ed è un atto d'accusa anche nei nostri confronti - sicuro - che non teniamo sotto controllo l'operato dei nostri politici; che invece di denunciare ci voltiamo dall'altra parte per non aver problemi; che piangiamo lacrime più o meno di coccodrillo quando simili catastrofi si avverano, pur ampiamente previste e preventivabili, oltre che evitabili. Perché il nostro è un territorio a forte rischio sismico e non dovrei essere io (seppur da gemonese) a ricordarlo. In Giappone per un sisma come quello del centro Italia si sarebbero sì svegliati nel cuore della notte, ma per poi rimettersi subito a dormire in totale tranquillità: un sei gradi, in un paese normale e preparato, oserei dire evoluto, non può fare tutti quei danni e quei morti. Da qui il significato della vignetta: le lasagne, cioè pasticcio, cioè PASTICCIO ALL'ITALIANA. Avete ancora voglia di prendervela con Charlie Hebdo? Significa che guardate il dito e non il grande schifo che il dito indica. Ma perché nessuno fa menzione del testo che accompagna la vignetta? A proposito della vignetta ho letto numerosi interventi, anche di giornalisti che giustificano dicendo "la satira è questa, prendere o lasciare" però si guardano bene dal spiegare come effettivamente stiano le cose. Il fatto è che la satira in Italia sono riusciti a cancellarla. "Il Male" è sparito da tempo dalle edicole, "Cuore" idem (ma era una satira all'acqua di rose), Corrado Guzzanti è troppo pigro e si fa desiderare, Daniele Luttazzi l'ha tolto di torno l'editto bulgaro (e il Vaticano), con i sentiti ringraziamenti anche dei vari governi di centrosinistra o presunto tale. Si attacca Charlie Hebdo perché vedi mai che il pubblico narcotizzato da trasmissioni tipo "Zelig" ricominci a chiedere (pretendere) qualcosa di meglio. Un'ultima cosa: la satira, per sua natura deve dare fastidio; deve essere disturbante. Anche rivoltante. La satira, a differenza della comicità, non ammicca al suo pubblico, non ne ricerca il consenso. La satira va per la sua strada, sta a noi accettarla oppure rifiutarla. Ma in toto, non solo quando ci fa comodo.